Acqua alta a Venezia, Luca Mercalli: “La colpa è dei cambiamenti climatici”
Venezia è stata messa in ginocchio dall’emergenza acqua alta. Le sirene del primo allarme sono arrivate alle sei di pomeriggio del 12 novembre: 145 centimetri. Le seconde verso sera: 160. Le terze alle 22:50. Solo sette centimetri in meno dell’”acqua granda” disastrosa del 1966.
I danni sono incalcolabili e il problema davanti a cui ci troviamo di fronte ha un nome: cambiamento climatico. Per comprendere meglio come la marea che ha invaso la Serenissima dipenda da una questione più grande legata al riscaldamento globale, TPI ha intervistato il climatologo Luca Mercalli, responsabile dell’Osservatorio Meteorologico del Collegio Carlo Alberto di Moncalieri.
Acqua alta e cambiamenti climatici sono legati. Quello che sta vivendo Venezia è maltempo, ma dipende infatti dallo scioglimento inesorabile dei ghiacciai della Groenlandia e quindi l’innalzamento dei livelli marini. Il dato che emerge è che negli ultimi dieci anni questi avvenimenti si sono moltiplicati.
Questa volta siamo arrivati a soli sette centimetri dall’incredibile marea del ’66, ma nel frattempo da quell’anno a oggi il livello marino si è alzato di ben 15 centimetri. Questo rende più probabili fenomeni gravi come quello di oggi. Saranno sempre più frequenti e presenti. Insomma, si può dire con certezza: risuccederà.
Il recente rapporto IPCC è allarmante: entro il 2100 il livello del mare si innalzerà di circa un metro. Il che significherebbe vedere Venezia sommersa.
È possibile. Sicuramente nei prossimi anni potremmo ritrovarci in una situazione come quella di oggi ogni due o tre anni. Piazza San Marco sarà impraticabile e lo stato di allagamento perenne.
Se gli accordi di Parigi non verranno rispettati, e non facciamo niente nell’indifferenza totale e con un modello fuori controllo, il livello del mare si alzerà anche più di un metro. Il danno c’è, ma si potrebbe circoscrivere se facessimo qualcosa.
A Venezia c’è una concomitanza di due fattori: l’innalzamento dei mari dei quali parlavamo e poi lo sprofondamento della terraferma. Quest’ultimo è dovuto allo sfruttamento eccessivo da parte delle industrie, il depauperamento delle falde acquifere. Le acque si alzano, la terra scende: il danno è molto serio.
L’abbiamo visto, il Mose non serve a nulla. Questa grande opera ha rappresentato un grande dispendio di soldi e ha avuto un enorme impatto sul mare. E in ogni caso non è una soluzione perché l’acqua che è entrata in laguna poi resta lì. Anzi, il Mose farebbe morire piano piano la laguna stessa, togliendole l’ossigeno che proviene dallo scambio con l’acqua marina.
Partendo dalle montagne e arrivando al mare c’è un crescendo di gravità. I ghiacciai si sciolgono, abbiamo perso anche le nostre Alpi. Le ondate di calore, quest’anno abbiamo avuto il record di 43 gradi a Parigi. Le alluvioni di cui saremo spettatori aumenteranno. E la siccità, che sta provocando sempre più incendi in tutto il mondo.
Una grave conseguenza sarà il calo di produzioni agrarie e un impennarsi delle migrazioni per motivi climatici.
La politica dovrebbe agire a lungo termine, con provvedimenti sulle energie rinnovabili, sul riuso energetico. Ma pochi vogliono investire in questo senso: ci sono troppi soldi e nessuno vuole rischiare.