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Giustizia, via libera del Cdm alla riforma Cartabia. Anche i 5 stelle dicono sì

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Giustizia, via libera del Cdm alla riforma di Marta Cartabia

Via libera del Cdm alla riforma della giustizia messa a punto dalla Ministra Marta Cartabia con l’obiettivo di velocizzare i tempi del processo e renderli compatibili con  il Pnrr e gli standard europei. Il pacchetto di proposte del guardasigilli è stato politicamente blindato dopo le resistenze del M5S, che minacciava di astenersi, e che ha fatto slittare di quasi due ore l’inizio del Cmd.

S&D

Ma l’intesa è stata trovata dopo le riunioni tra i big del Movimento, il premier e la Ministra Cartabia, tenutesi prima del Cdm. L’accordo raggiunto con i ministri grillini prevede tempi più lunghi per i reati contro la P.A., compresi dunque corruzione e concussione, tre anni per chiudere un processo in appello e 18 mesi in Cassazione, pena l’azzeramento del processo.

Secondo quanto riportato da Repubblica, nel consiglio dei ministri tuttavia non è filato tutto liscio perché, dopo l’OK dei 5S alla modifica del testo, è esploso il malcontento di Forza Italia, in particolare di Renato Brunetta, e dei renziani contro quello che, a loro volta, consideravano un cedimento a favore dei grillini. Ma la reazione del M5S è stata dura. “Non arretriamo di un centimetro“, hanno assicurato. Alla fine sarebbe stata ancora una volta la mediazione di Mario Draghi a mettere tutti d’accordo. “Mi appello al vostro senso di responsabilità, sono riforme legate al Pnrr, fondamentali per il Paese, e voglio una maggioranza compatta e responsabile”, ha detto il premier.

Cosa prevede la riforma della giustizia

La riforma prevede una serie di interventi corposi, che riguardano la durata delle indagini preliminari, il “contingentamento” della obbligatorietà dell’azione penale, sanzioni, riti alternativi e soprattutto un parziale ritorno alla prescrizione, tema che ha scatenato le polemiche dei pentastellati e che in Parlamento rischia di sfaldare definitivamente il partito, legato alla riforma del Ministro Bonafede.

Eppure la mediazione trovata con i pentastellati non cancellerebbe del tutto la riforma targata M5S, attraverso un meccanismo processuale di “improcedibilità” per i gradi successivi al primo: due anni di tempo per chiudere l’appello e un anno per la cassazione, decorsi i quali il processo si chiude. Non sono previsti sconti di pena per il condannato mentre per l’assolto termina ogni procedimento: il cavallo di battaglia dei M5s non verrebbe dunque definitivamente cancellato.

Per quanto riguarda le indagini preliminari, nella riforma della giustizia si prevede l’introduzione di termini stretti per la durata, affidati al controllo dei gip. L’ipotesi più accreditata concede sei mesi dalla data in cui la persona viene iscritta nel registro delle notizie di reato per le contravvenzioni. Per i delitti più gravi come il narcotraffico, associazioni mafiose, terrorismo si passa a diciotto mesi. Restano dodici mesi per gli altri reati. Il pm potrà chiedere la proroga dei tempi di indagine solo una volta e per non oltre sei mesi, nei casi di maggiore complessità. Il giudice avrà il controllo dei tempi e allo spirare dei termini potrà chiedere al pm di prendere le sue decisioni sul destino del fascicolo aperto.

La riforma della giustizia prevede poi che l’azione penale non sia più a totale discrezione delle procure, e il principio della obbligatorietà troverà un ‘correttivo’ nelle indicazioni che verranno dal Parlamento, che stabilirà le priorità sulle quale concentrarsi. Ogni anno il guardasigilli nella sua relazione sullo stato della giustizia darà delle ‘coordinate’ sotto forma di atto di indirizzo.

 

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