La diffusione delle smart drugs nelle università del Regno Unito preoccupa gli accademici
Un gruppo di professori ha sollecitato l'intervento delle istituzioni per combattere l'uso di questi farmaci tra gli studenti che vogliono migliorare il loro rendimento
L’utilizzo delle smart drugs cresce tra gli studenti universitari. L’assunzione di queste sostanze è sempre più spesso legata al tentativo di allentare la tensione da esame. A sostenerlo sono stati alcuni accademici del Regno Unito che hanno chiesto l’intervento delle istituzioni per contrastare il fenomeno.
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Tra le possibili soluzioni ci sarebbe l’introduzione di un test per verificare l’assunzione di droghe pensate per migliorare la prestazione accademica degli studenti. Il decano dell’università di Staffordshire, Thomas Lancaster, ha sollevato il problema in vista dell’imminente sessione estiva.
“Stiamo entrando in un mondo pericoloso in cui gli studenti hanno accesso alle droghe da studio”, ha detto Lancaster che ha invitato le università a confrontarsi con gli allievi per stabilire delle strategie di azione.
Le smart drugs sono farmaci che vengono utilizzati per migliorare la concentrazione, la memoria e la forza mentale durante lo studio. Modafinil, Ritanil e Adderall sono solo alcuni degli esempi più comuni di questi medicinali di solito usati in maniera legale e prescritti dai medici per il trattamento della narcolessia e dell’iperattività.
“Nel breve periodo alcune di queste sostanze possono non essere dannose, ma non conosciamo i loro effetti cumulativi nel tempo. I diversi studenti possono reagire in maniera differente, in particolare quando stanno assumendo altri farmaci, alcol o droghe”, spiega il professore Tim Hales della Dundee University.
La crescita delle smart drugs a partire dal 2012 è stata documentata anche in università come Oxford. Secondo un sondaggio del 2016, il 15,6 per cento degli studenti dell’ateneo ha assunto queste sostanze anche senza prescrizione medica tanto da spingere l’università a organizzare dei laboratori informativi sul tema.
La ricercatrice Larissa Maier dell’università di Zurigo ha stimato con un’indagine che tra il 15 e il 20 per cento degli studenti ha provato a migliorare le sue performance scolastiche affidandosi a farmaci o alcol.
Secondo le testimonianze raccolte dal quotidiano britannico The Guardian, molti studenti hanno addirittura finto dei sintomi di disturbo dell’attenzione per farsi prescrivere questi farmaci. E anche un sito specializzato nella vendita di questi medicinali ha confermato che durante le sessioni di esame la richiesta aumenta.
Cathy Montgomery della Liverpool John Moores University ha sottolineato che molte università non si sonno ancora dotate di una politica specifica sulle smart drugs. “La maggior parte delle università ha una politica che vieta le droghe nei campus, ma questo divieto non si estende necessariamente alle medicine”, ha detto.
La facilità con la quale vengono acquistate queste sostanze e le forti pressioni ambientali alle quali sono soggetti gli studenti in relazione ai risultati accademici rappresentano le cause principali della loro diffusione.
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