I Caraibi velenosi della Toscana
Le bellissime spiagge toscane di Rosignano Solvay nascondono un livello di inquinamento ambientale molto alto, provocato dagli scarichi di una fabbrica locale
Le spiagge di Rosignano Solvay, in Toscana, ricordano quelle tipiche della regione caraibica, a numerose ore di volo dall’Italia. Dietro i granelli di sabbia bianchi e l’acqua cristallina, tuttavia, si nasconde un altissimo livello di inquinamento ambientale. Secondo un rapporto pubblicato nel 1999 dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, il sito sarebbe tra i 15 tratti costieri più inquinati del Mediterraneo.
Rosignano Solvay è un paese nato nei primi anni del Novecento in seguito agli investimenti dell’imprenditore belga Ernest Solvay, che decise di costruirvi uno stabilimento per la fabbricazione della soda caustica.
A metà degli anni Sessanta la fabbrica cominciò a inquinare notevolmente il tratto costiero situato a sud del paese.
Paradossalmente, è proprio l’inquinamento ad aver dato origine alle famose spiagge bianche di Rosignano: il colore della sabbia è infatti dovuto agli scarti chimici che lo stabilimento riversa costantemente in mare, attraverso un canale di scolo chiamato “fosso bianco”.
Il 90 per cento degli scarti della fabbrica di soda caustica è composto da calcare e il restante 10 per cento da cloruro di calcio. Secondo la Onlus Medicina Democratica di Livorno, dal 1939 a oggi sono state versate anche 600 tonnellate di mercurio davanti allo stabilimento di Rosignano.
A causa degli interessi economici che ruotano intorno allo stabilimento, tuttavia, le attività della fabbrica continuano senza gli adeguati controlli di sicurezza relativi all’impatto delle sostanze scaricate nell’ambiente esterno.
Sono gli stessi cittadini di Rosignano Solvay a difendere l’operato della fabbrica e a minimizzare l’impatto negativo dell’inquinamento sulle spiagge. Sebbene il numero dei lavoratori dal 1965 a oggi si sia abbassato di quasi 4.000 unità, lo stabilimento è ancora l’unica fonte di reddito per molte famiglie.
I dati di Medicina Democratica di Livorno, forniti a The Post Internazionale, segnalano al contrario un impatto negativo sulla salute dei cittadini nell’area Livorno-Collesalvetti.
Tra il 2008 e il 2010 la zona ha registrato un tasso di mortalità superiore alla media regionale relativa allo stesso periodo, aumentando del 2,2 per cento per gli uomini e dell’8,3 per cento per le donne, con uno scarto pari a 66 persone di sesso maschile e 286 di sesso femminile che hanno perso la vita.
Inoltre, i dati sulla frequenza di tumori e sulla mortalità prematura (sotto i 65 anni) sono entrambi al di sopra della media regionale di diversi punti percentuali.
L’esposizione a determinati inquinanti, come mercurio, arsenico, amianto e polveri sottili, aumenta sensibilmente il rischio di morte per malattie al sistema nervoso, malattie del cuore, malattia di Alzheimer e patologie renali.
“Tremila morti, nessun colpevole” titolava il quotidiano italiano La Repubblica il 20 novembre 2014, il giorno dopo la sentenza della Cassazione per il processo Eternit di Casale, quando i reati commessi da Stephan Schmidheiny – il magnate che non si curò degli effetti dell’amianto sui cittadini del Monferrato – erano caduti in prescrizione; i dati di Medicina Democratica di Livorno suggeriscono che Rosignano ha tutte le carte in regola per diventare il nuovo scandalo ambientale del Bel Paese.
(La foto dell’articolo è stata presa dal profilo Flickr di Simone Girlanda)