Un gruppo di giovani tedeschi ha comprato una nave per salvare i migranti nel Mediterraneo
L'acquisto dell'imbarcazione battente bandiere olandese è stata finanziata grazie a una raccolta fondi lanciata sulla rete nell'estate del 2015
Con l’arrivo dell’estate la previsione di un numero sempre maggiore di persone disposte a intraprendere il viaggio della speranza via mare non è così distante dalla realtà. Con il bel tempo, il mare calmo e una migliore visibilità il traffico di imbarcazioni, gommoni e carrette del mare con a bordo migliaia di profughi è destinato a intensificarsi, soprattutto lungo le coste libiche e italiane.
Mentre l’Unione europea continua a discutere a Bruxelles sulle misure da adottare per fronteggiare la quotidiana crisi migratoria, nonostante alcuni paesi europei abbiano optato per il blocco totale degli accessi alle frontiere e sempre l’Unione europea abbia trascritto un accordo assai contestato con la Turchia per la regolamentazione dei flussi migratori, la situazione non è di certo migliorata.
Ma in opposizione all’immobilità dimostrata dalla politica europea dinanzi ai continui sbarchi di migranti, si colloca la sensibilità e l’impegno concreto di cittadini comuni, come quello messo in atto da un gruppo di giovani tedeschi, tutti ventenni, che nel giro di un anno è riuscito a dare vita e fondamento a un progetto chiamato Jugend Rettet.
Esso consiste nella reimpiego di alcuni pescherecci dismessi, trasformati in vere e proprie imbarcazioni di soccorso messe a disposizione per salvare i migranti in difficoltà. A capo dell’iniziativa ci sono Jacob Schoen e Lena Waldhoff, due ventenni berlinesi, che rappresentano insieme ai loro compagni di un lungo viaggio iniziato nell’estate del 2015, il volto di tanti come loro che vivono l’epocale crisi dei migranti con un senso di responsabilità.
(Qui sotto il gruppo di giovani tedeschi promotori dell’iniziativa. Credit: JugendRettet.org)
La folgorazione è arrivata un anno fa, nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2015, dinanzi alle immagini di uno dei tanti naufragi avvenuti al largo delle coste libiche e italiane. In quel frangente annegarono 800 persone.
Da lì scattò la voglia di fare qualcosa di concreto, di lasciare un segno tangibile, aiutando tutte le persone che nel periodo estivo attraversano le acque del Mediterraneo a bordo di mezzi di fortuna, rischiando la vita.
Con il supporto di altri giovani, i due berlinesi hanno lanciato il progetto. Certo, l’idea sulla carta era grandiosa ma complessa da realizzare, soprattutto sul versante economico. Da qualche parte si doveva pur iniziare.
Il primo passo è stato quello di lanciare l’iniziativa sulla rete e sui social media attraverso delle campagne di crowdfunding (raccolta fondi). La prima è stata promossa sei mesi fa e ha riscosso un ampio successo arrivando a raccogliere una somma di 123mila euro. La seconda ancora attiva ha raccolto finora altri 40mila euro. A questo si sono sommati i contributi di due importanti donatori che hanno scelto di restare anonimi. La cifra complessiva raccolta è stata di 300mila euro, una somma sufficiente per iniziare a plasmare l’intero progetto.
Con la consulenza di Greenpeace Deutschland, negli ultimi mesi è stata allestita la prima imbarcazione privata che a fine giugno e per i prossimi sei mesi pattuglierà il Mediterraneo per soccorrere i migranti a rischio naufragio.
In sei mesi il progetto Jugend Rettet ha ampliato la sua rete e dal piccolo ufficio di Berlino è ora attiva in altre 39 città. In breve tempo, più di seicento tedeschi hanno deciso di finanziare l’acquisto di un peschereccio olandese, poi trasformata in una nave attrezzata per prestare soccorso ai naufraghi nel mar Mediterraneo.
Con i suoi trentatré metri di lunghezza, il peschereccio battente bandiera olandese è stato equipaggiato con strumenti di navigazione moderni e con un ampio spazio sul ponte e sulla stiva.
L’imbarcazione ha la capacità di accogliere fino a un centinaio di persone e sarà gestita da due squadre composte da marinai, soccorritori professionisti ed equipe mediche. Ma si avvale anche del supporto di diversi gruppi volontari che forniranno il loro aiuto durante le operazioni di salvataggio. In tutto si contano due equipaggi da dieci persone ciascuno che si daranno il cambio ogni due settimane.
“La maggior parte delle emergenze si verifica davanti alla Libia. La barca di Jugend Rettet si occuperà di un’area definita per focalizzare chi è in pericolo. Nel caso vengano segnalate persone in pericolo, allora prenderemo contatti con il Mediterranean Rescue Coordination Center, che avrebbe l’ultima parola”, ha spiegato Jacob.
L’obiettivo di raccogliere fondi sufficienti per dare vita all’iniziativa è stata ampiamente superata. I soldi raccolti dovranno coprire gli esosi costi del carburante, l’affitto di un posto barca nel porto della Valletta, a Malta, ma soprattutto il materiale medico necessario per il soccorso.
Se c’è chi plaude alla validità del progetto, Jacob e Lena in patria non sono stati risparmiati da feroci critiche e polemiche di chi li ha accusati di voler contribuire, seppure indirettamente, a facilitare l’arrivo dei gommoni stracarichi di esseri umani e avvantaggiare così il lavoro degli scafisti e i loro traffici criminosi.
E chi domanda loro quali siano i principi alla base dell’iniziativa, Jacob e Lena rispondono così: “Vogliamo dimostrare quanto sia importante un progetto europeo condiviso per una politica d’asilo più umana. Sappiamo che la nostra nave non rappresenta una soluzione a lungo termine, ma salverà comunque delle vite umane. E noi continueremo ad andare avanti finché potremo”.