I minatori eroinomani della Birmania
Dietro il mercato delle giade birmane si cela lo sfruttamento di minatori che per sopportare i ritmi di lavoro assumono eroina
“Sono diventato tossicodipendente per sopportare il dolore.
Tutti i miei amici dicevano che l’eroina serviva ad alleviare la fatica. E il lavoro che facevamo era duro, molto duro.”
Hkum Mai è un ex-minatore. Lavorava in un giacimento di giade nello stato del Kachin, nel nord della Birmania, dove vengono estratti i minerali più pregiati al mondo.
Dietro l’apparente ricchezza del territorio, però, si nasconde una realtà drammatica: circa l’80 per cento dei minatori del Kachin sono dipendenti dall’eroina e oltre la metà dei tossicodipendenti sono sieropositivi.
“Scavavo con la speranza che a ogni colpo di piccone avrei trovato giade,” racconta Khum Mai in un’intervista al The New York Times. “Volevo diventare ricco, era il sogno di tutti. Cercavamo una via d’uscita dalla povertà”.
I minatori del Kachin lavorano in condizioni disumane. Le giade vengono pagate oltre 100 dollari al chilo al mercato all’ingrosso, ma i minatori ricevono meno di un dollaro al giorno.
Per racimolare abbastanza soldi per sfamare le famiglie, devono accettare turni di lavoro massacranti.
(Nella foto qui sotto: Kyaw Myo Aung, 17 anni, è un minatore in un giacimento di giade nello stato del Kachin, il 7 luglio 2013. Reuters/Minzayar)
“Quando ti fai di eroina ti senti incredibilmente più forte, le alte montagne di detriti in cui scavi non sembrano più così imponenti. E riesci a trovare molta più giada”, racconta un minatore tossicodipendente in una delle testimonianze raccolte dall’organizzazione Burma Campaign.
L’eroina viene venduta a prezzi stracciati (circa un dollaro per iniezione) e grandi quantitativi sono acquistati dai proprietari delle miniere stessi, che spesso pagano i lavoratori con una dose giornaliera. Si stima che circa 500mila minatori ricevano droga invece di un normale salario.
Nonostante l’eroina sia illegale in Birmania, la corruzione è dilagante e i poliziotti tollerano lo spaccio in cambio di mazzette.
“Nelle miniere è più semplice comprare eroina che sigarette: viene venduta come fosse pane o noodles”, spiega Marip Mung Ra Awng, un minatore del Kachin.
Alcuni spacciatori hanno anche aperto delle vere e proprie botteghe in cui gestiscono i traffici di droga. Come si vede nel documentario del New York Times, di fronte alle baracche in cui si spaccia c’è la fila di minatori e poco lontano cumuli di siringhe usate.
Secondo il rapporto Offensiva Silenziosa dell’organizzazione Kachin Women’s Association Thailand (Kwat), gli aghi puliti scarseggiano e sono diventati una merce talmente richiesta che in alcuni negozi il cambio viene offerto in siringhe invece che monete.
(Nella foto qui sotto: minatori in un giacimento di giade nello stato del Kachin, il 7 luglio 2013. Reuters/Minzayar)
La condivisione di siringhe usate fra i minatori ha portato a un drastico aumento dei casi di Hiv. Nel Kachin, l’80 per cento dei giovani ha contratto il virus.
Nell’intero Paese, si stima che ci siano oltre 150mila tossicodipendenti e 190mila persone sieropositive. Il metadone è quasi introvabile e solo alcuni centri religiosi e alcune Ong offrono programmi di disintossicazione e riabilitazione.
L’epidemia di Hiv, diffusasi nelle miniere a partire dagli anni Novanta, si sta velocemente estendendo anche nelle aree urbane e rurali.
Secondo l’attivista Nding La Ja, lo stato non interviene perché non ha alcun interesse nel salvare i Kachin, una minoranza etnica di religione cristiana da sempre discriminata dal governo birmano.
“Un proiettile può uccidere una sola persona, ma questa droga uccide coppie, bambini, anziani, un intero popolo: stanno usando l’eroina come un arma”, dice Nding La Ja in un intervista con il New York Times.
Come i diamanti “insanguinati” in Africa, anche le giade in Birmania si sono trasformate da simboli di ricchezza a pietre maledette. Sfruttamento minorile, appropriazione illecita delle terre, violenze sessuali e danni ambientali sono solo alcuni dei problemi che si aggiungono all’alto tasso di tossicodipendenza e di Hiv.
Mentre le condizioni lavorative dei minatori del Kachin peggiorano anno dopo anno, il commercio di giada è in piena espansione. Nel biennio 2011/12, la Birmania ha prodotto oltre 43 milioni di chilogrammi di giade.
(Nella foto qui sotto: un minatore in un giacimento di giade nello stato del Kachin, il 7 luglio 2013. Reuters/Minzayar)
Le giade verdi imperiali vengono estratte solamente in Birmania e i gioielli creati da queste pietre possono valere milioni di dollari nel mercato internazionale.
Secondo l’Harvard Ash Centre, il valore annuo del commercio di giade è di circa 8 miliardi di dollari, ovvero un quinto delle esportazioni del Paese, ma circa la metà delle pietre estratte sono vendute nel mercato nero.
I traffici più fiorenti – soprattutto quelli di contrabbando – sono quelli con la confinante Cina, che controlla numerosi giacimenti ed è il principale investitore nel settore delle infrastrutture e delle miniere del Kachin.
Nell’ultimo decennio, la crescita della classe media cinese ha portato a un boom commerciale nel mercato delle giade: ogni anno tra i 2 e i 3,5 milioni di dollari vengono spesi per le pietre burmesi.
Nella tradizione cinese, le giade sono infatti considerate magiche: portano fortuna, proteggono dalle sventure ed esaudiscono i desideri. Come dice un proverbio locale, “l’oro è prezioso, ma la giada è senza prezzo”.
Nonostante la domanda in costante crescita, i profitti del settore estrattivo non hanno portato alcun beneficio per la popolazione locale. La regione del Kachin è una delle più povere della Birmania ed è tristemente nota per le violenze etniche e per i traffici illegali di droga, esseri umani e pietre preziose.
(Nella foto qui sotto: minatori in un giacimento di giade nello stato del Kachin, il 7 luglio 2013. Reuters/Minzayar)
Le risorse naturali hanno inoltre alimentato il conflitto armato tra il governo centrale e i ribelli indipendentisti del Kachin Independence Army (Kia), scoppiato negli anni Sessanta e tuttora irrisolto.
Nel marzo 2011, la Birmania ha iniziato una lenta transizione democratica e la giunta militare salita al potere nel 1962 ha lasciato il posto a un governo civile. Ma le violenze nel Kachin continuano.
Dopo la tregua firmata del 1994, gli scontri sono infatti ripresi tre anni fa e nel nord della Birmania vi sono oltre 100mila sfollati a causa del conflitto.
Per condannare le violazioni dei diritti umani da parte del regime militare, gli Stati Uniti e l’Unione Europea per anni avevano interrotto le relazioni commerciali con il Myanmar.
Nel 2013 il presidente Obama ha revocato la maggior parte delle sanzioni economiche, ma ha mantenuto il divieto di importazione di giade e rubini, proprio per gli abusi che avvengono nelle miniere.
Finché la Cina continuerà a finanziare i traffici di droghe e giada, le sanzioni non porteranno alcun beneficio ai minatori del Kachin.
(Nella foto: un minatore in un giacimento di giade nello stato del Kachin, il 7 luglio 2013. Reuters/Minzayar)