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Chi è il generale libico Khalifa Haftar

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L'ex braccio destro di Gheddafi, in esilio negli Stati Uniti per vent'anni, è rientrato in Libia nel 2011 e ora potrebbe avere un ruolo di primo piano da giocare

Il successo del governo di unità nazionale in Libia guidato da Fayez Sarraj e sponsorizzato dalle Nazioni Unite dipenderà dalla sua capacità di estendere la propria legittimità e il proprio controllo sull’intero paese. 

L’ostacolo più grande è l’estrema frammentazione del territorio libico, diviso tra diverse fazioni, incluse aree in mano ai miliziani dell’Isis, ma il nodo davvero cruciale è l’appoggio del parlamento di Tobruk, ed esso sembra essere nelle mani di un unico uomo: Khalifa Haftar.

La sua biografia è scandita da battaglie cruciali della storia del secolo scorso. Haftar era nel grembo materno quando, nel 1942, i britannici sfidarono e sconfissero gli Afrika Korps del generale Erwin Rommel, nella sua città natale, Ajdabiya in Libia.

Quando venne alla luce Khalifa Haftar, Ajdabiya era già sotto controllo britannico, protetta dalla settima divisione armata di Sua Maestà, che da lì a poco sarebbe sbarcata a Salerno.

Haftar intraprese la carriera militare e si diplomò all’Accademia di Bengasi. Poi, proseguì i sui studi in tattica militare in Egitto e Unione Sovietica.

Il suo primo passo da giovane ufficiale fu schierarsi con Muammar Gheddafi nel golpe che lo portò al potere nel 1969, rovesciando re Idris. 

Quattro anni dopo, il nome di Khalifa Haftar comparve in uno dei capitoli più importanti del Novecento, la guerra dello Yom Kippur, quando guidò le truppe libiche in appoggio alla coalizione di paesi arabi impegnati nel tentativo di respingere la controffensiva israeliana nel Sinai, dopo l’attacco a sorpresa di Egitto e Siria nell’ottobre del 1973.

Nel 1986, con il grado di colonnello, Haftar affrontò una battaglia che avrebbe cambiato per sempre la sua vita, alla guida delle truppe libiche nell’offensiva contro il Ciad, in una guerra che durava già da circa un decennio.

Combattendo per il controllo della Striscia di Auozu, una fascia di deserto a cavallo tra i due paesi, Haftar si trovò di fronte un nemico più forte di ciò che credeva.

Il Ciad, sostenuto delle forze armate francesi, lasciò le truppe libiche prive di artiglieria in seguito a un raid aereo, e Haftar venne fatto prigioniero dalle forze ciadiane assieme a centinaia dei suoi uomini.

Sconfitto sul campo, Haftar venne abbandonato da Gheddafi che lo destituì dal comando e ne chiese il processo. Aiutato dai servizi segreti americani, il colonnello scappò in Zaire, poi in Kenya dove militò in diversi gruppi anti-Gheddafi.

Infine, ottenne il visto americano e, attorno al 1990, si trasferì in Virginia, a Falls Church, una cittadina di 13 mila abitanti alla periferia di Washington. Gheddafi reagì alla notizia emettendo nei suoi confronti una condanna a morte per alto tradimento

Haftar ha vissuto in Virginia per vent’anni, ottenendo anche la cittadinanza americana. Data la prossimità della sua abitazione al quartier generale della Cia, si pensa che sia stato coinvolto dall’agenzia nei tentativi di assasinare Gheddafi..

Già nel 1996, la Cia tentò un colpo di stato ai danni del colonnello in cui Haftar avrebbe dovuto avere un ruolo, ma il piano andò in fumo.

Mentre Haftar faceva la sua vita negli Stati Uniti, nel 2011 la Libia è tornata di attualità: per lui era arrivato il momento di tornare.

Il caos determinato dalla caduta di Gheddafi però è chiaramente ben più grande di quello che gli Stati Uniti avevano immaginato, in pochi mesi la Libia si è parcellizzata in decine di gruppi diversi su base religiosa, tribale e geografica.

Poco dopo il suo arrivo Haftar ha capito che al momento non aveva spazio di manovra nel suo paese e ha fatto ritorno negli Stati Uniti.

Nel 2014, Haftar è rientrato in Libia per restarci. In febbraio, ha denunciato il Congresso generale nazionale (Gnc), dominato dagli islamisti, chiedendone lo scioglimento e domandando nuove elezioni.

In maggio, ha lanciato l’“Operazione Dignità”, con l’appoggio dell’Egitto, di alcuni dei municipi della Cirenaica e sostenuto dal parlamento di Tobruk, primo governo a ottenere il riconoscimento internazionale nell’era post Gheddafi.

A marzo del 2015, il parlamento di Tobruk ha nominato Haftar a capo dell’Esercito nazionale libico e oggi controlla parte dell’est della Libia. Grazie all’appoggio dell’Egitto e, sembra, anche della Francia, ha messo in piedi un esercito di 30mila uomini, dotato di artiglieria pesante e aviazione.

Fino alla fine del 2015 sembrava che l’Europa potesse scegliere lui per inaugurare il futuro della Libia, l’uomo al comando della forza militare al momento più consistente del paese.

Invece a mettersi di traverso alle sue ambizioni è stata proprio l’Italia che, ideato un piano diverso, ha convinto le Nazioni Unite ad appoggiare la propria soluzione.

Le resistenze contro Haftar in Tripolitania, dove l’Italia ha i suoi maggiori interessi petroliferi, e le proprie remore nei suoi confronti hanno portato Roma a puntare sull’insediamento a Tripoli di un governo più tecnico, quello si Sarraj.

Il generale non più in pensione sembra però non gradire il nuovo governo di unità nazionale, nato a dicembre 2015 ma arrivato a Tripoli solo a fine marzo 2016, e pare sia riuscito a convincere i suoi sostenitori all’interno del parlamento di Tobruk a non votare la fiducia all’amministrazione di Sarraj.

Haftar non riconosce le modalità con cui questo nuovo governo è stato stabilito: a suo parere è stato imposto dalle Nazioni Unite, e un altro ufficiale, Ibrahim al-Barghathi, è stato scelto come ministro della Difesa.

Ma Haftar resta un personaggio di rilievo sulla scena libica. Ha un certo ascendente nella sua regione natale, specialmente nella città di Bengasi, e gode anche del supporto di un altro (ex) generale, il presidente del vicino Egitto Abdel Fattah al-Sisi, anch’egli un uomo dell’esercito, anch’egli profondamente ostile ai Fratelli musulmani, che ha tutto l’interesse a vedere una Libia stabile e che punta su di lui per allontanare la minaccia islamista. 

Rendendosi però conto della necessità di scendere a patti con Sarraj, prima di sedersi al tavolo a Tripoli, Haftar si sta muovendo per consolidare la sua presenza in Cirenaica.

Sarraj risiede in un palazzo a Tripoli, protetto da forze locali e contractor internazionali, e pur avendo l’appoggio di mezza Europa non ha ancora stabilito il suo controllo al di fuori della capitale.

Gli uomini di Haftar, invece, sono oggi alle porte di Sirte, roccaforte del sedicente Stato islamico in Libia, e si preparano alla battaglia finale. Con la conquista di Sirte, il generale porterebbe a casa il più grande successo in termini numerici e militari della lotta internazionale contro l’Isis e si presenterebbe a Tripoli pronto a trattare per il suo ruolo da una posizione di forza.

Allora, potrebbe nuovamente chiedere che gli vengano consegnate le redini del paese, momento che aspetta da più di trent’anni.

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